Nell'intervista da lei rilasciata a Francesca Marretta di LIBERAZIONE è Amira Hass a spiegare che la sua espulsione dalla Striscia di Gaza,è stata decisa dal di Hamas. Dall' introduzione sembrerebbe invece che la responsabilità sia di Israele che tiene fuori i giornalisti dalla Striscia per motivi di "sicurezza" (scritto tra virgolette) o "senza ragione" (scritto senza virgolette: dimenticando che a Gaza sono stati sequestrati anche giornalisti occidentali)
La giornalista israeliana di estrema sinistra, che era a Gaza con una di quelle missioni volte a "rompere l'assedio" non sembra essere particolarmente scandalizzata dal provvedimento del governo islamista golpista, che secondo lei mantiene egregiamente l'"ordine".
Una storia, a suo modo, esemplare. Amira Hass è una giornalista tradotta in tutto il mondo, celebre e premiata, soprattutto perché , grazie alla completa libertà d'espressione che le garantisce Israele, scrive contro il proprio paese, incontrando il favore di quei settori dell'opinione pubblica internazionale che lo odiano.
Sostenitrice dei palestinesi, è andata a Gaza, si può supporre, per denunciare gli effetti della politica israeliana. Ma è stata espulsa da Hamas, cui evidentemente l'informazione dà fastidio anche se è ideologica e distorta come quella di Amira Hass, che è pur sempre una cittadina israeliana, cui non si può semplicemente imporre il contenuto di ciò che scrive.
Messa di fronte a questa realtà, Amira Hass riesce a sostenere che ad Hamas non interessava di certo quello che lei avrebbe potuto scrivere sulla stampa israeliana: "Ad Hamas non interessa dei lettori israeliani. Del resto ai lettori israeliani non importa dei reportage accurati da Gaza".
Se per "reportage accurati", si intende la negazione ideologica della realtà, la seconda affermazione è più che credibile.
Ecco il testo:
Ha qualche linea di febbre Amira Hass, celebre giornalista israeliana conosciuta in tutto il mondo per gli articoli pubblicati sul quotidiano progressista Ha'aretz . Gli ultimi giorni sono stati convulsi. Fino a quarantotto ore fa era a Gaza, dove pensava di restare almeno altri due mesi. Aveva raggiunto la Striscia con una delle navi che dal mare cercano di infrangere l'assedio della popolazione di Gaza. Non poteva tornarci in altro modo. Pur avendo una tessera da giornalista. Dopo il rapimento del soldato israeliano Shalit, Israele ha vietato a tutti i giornalisti con passaporto israeliano di recarsi a Gaza per questioni di «sicurezza». Agli altri reporter, senza ragione, è stato vietato l'ingresso a Gaza dal nove novembre scorso. Il valico è stato aperto solo in uscita ed in rare occasioni. Una è stata l'espulsione di Amira per «ragioni di sicurezza».
Ma Hamas non vuole che che si racconti al mondo di Gaza?
Sì ma troppa investigazione non può andare bene per loro. Hamas vuole solo che si parli del fatto che a Gaza si sta male. Quindi tre settimane a Gaza per me dovevano bastare. La mia espulsione è frutto di una decisione politica. L'ordine è arrivato dal ministro dell'Interno Siad. Non avrebbe potuto essere altrimenti. Il regime di Hamas è molto ben organizzato.
Senti di aver subito una violenza?
Si è trattato di una deportazione violenta nel senso che non ho avuto modo di sottrarmi a questa decisione, nè c'erano posti in cui potevo andare a nascondermi. Il regime di Hamas controlla tutto. E, a differenza dei tempi dell'Anp, impone un ordine che funziona. Per esempio avevo avuto un'esperienza simile ai tempi di Arafat. Ero a Gaza e avevo scritto qualcosa di critico. Anche in quella occasione mi ordinarono di lasciare la Striscia per questioni di «sicurezza». Io dissi di no. Entro tre giorni intervennero diverse persone e l'ordine fu revocato. Questo con Hamas non sarebbe possibile. Quando mi hanno imposto di lasciare Gaza, molti di Hamas erano scioccati. Qualcuno ha provato a intervenire, senza risultato.
Quale cambiamento ti ha colpito di più dopo due anni di assenza da Gaza?
L'ordine. Haniyeh (ex premier palestinese e attualmente premier de facto a Gaza, ndr.) già due anni fa mi disse che la prerogativa principale del suo governo era il controllo della sicurezza. Quelli di Hamas sanno quello che fanno. Quest'ordine non era pensabile ai temi dell'Autoritá Palestinese. Rispetto alla guerra di attrito di Israele che conosco ho trovato un cambiamento soprattutto quantitativo più che qualitativo. A Gaza si è arrivati alla distruzione di ogni aspetto creativo delle vita. Non ci sono opzioni per la gente. L'economia è distrutta. Non esistono più industria e agricoltura. L'ordine imposto da Hamas rappresenta invece un cambiamento di tipo qualitativo. Gaza resta una pentola a pressione. E gli attacchi israeliani rafforzano Hamas.
Alla gente piace l'ordine imposto da Hamas?
Di certo lo compara con l'anarchia volutamente creata a Gaza da alcuni leader di Fatah. Un'altra differenza che ho trovato notevole è l'aumento del fondamentalismo religioso, dell'affermazione del purismo del Corano in forme che non sono comparabili a dieci o vent'anni fa, che qui non avevo mai visto.
Perchè non hanno espulso altri giornalisti?
Credo sia per varie ragioni. Perchè quello che scrivo è poco convenzionale nel senso che non è legato alla notizia del giorno. E poi perchè sono israeliana. Ad Hamas non interessa dei lettori israeliani. Del resto ai lettori israeliani non importa dei reportage accurati da Gaza. Da Gaza gli interessano solo le notizie su Shalit.
Hamas considera pericolosa l'accuratezza dei tuoi pezzi?
Non credo sia la parola giusta. Diciamo che dato che a Gaza con Hamas tutto è in ordine, non ci devono essere sorprese. Hamas controlla tutto. Me ne sono resa conto stando li. Io volevo sopratutto rendermi conto dell'impatto degli attacchi e dell'assedio israeliani. Che rafforzano Hamas. Mi sono resa conto stando a Gaza che esiste in tutte le cose una sorta di ordine. Anche in questa tregua, tra attacchi israeliani e lanci di razzi. In un certo senso la mia presenza scardinava quest'ordine. Io non rientravo nel calcolo. Questa è la questione più che interessa Hamas. L'informazione quotidiana che esce da Gaza non è una cosa che li impensierisce. Per esempio da Gaza escono spesso molti reportage inaccurati, fatti sopratutto da giornalisti che simpatizzano con Fatah. Faccio l'ultimo l'esempio della vicenda pellegrinaggio alla Mecca impedito da Hamas al valico di Rafah. Da Gaza se ne è scritto in maniera scorretta, senza spieagare l'intera vicenda. E non è che Hamas ha fatto storie.
Ci parli del tuo arresto in Israele?
Non è una storia grave. Sono stata portata in una stazione di polizia perchè ho infranto un ordine militare. Non mi hanno fatto un interrogatorio politico. Era normale che questo accadesse. Sia io che Haaretz sapevamo quello che stavamo facendo. Io sono arrivata a Gaza con una nave che intendeva rompere un assedio. Ma la mia motivazione per l'ingresso a Gaza in questo modo è che sono venuta come giornalista a cui era stato negato il diritto di esercitare il diritto all'informazione. Sono inoltre andata a Gaza in quanto israeliana. Perchè Israele occupa Gaza.
Per questo ha sorpreso la tua espulsione.
Del mio atto civile come giornalista ad Hamas non importava nulla. Invece alla gente si. Ho avuto una risposta molto positiva a Gaza. La gente era molto accogliente. Sono molto dispiaciuta perchè chiaramente se fossi rimasta a Gaza tre mesi invece che tre settimane avrei visto e capito di più. In particolare sarebbe stato importante essere a Gaza alla fine della tregua. Ma forse questo è uno dei motivi per cui mi è stato ordinato di uscire. Comunque, intendiamoci, io non voglio che la mia vicendi diventi la storia per raccontare Gaza.
Il fatto che a Gaza ci siano ambienti di Hamas contrari alla tua espulsione riflette la divisione interna ad Hamas?
Non è corretto parlare di divisione in Hamas. Meglio dire che hanno approcci diversi, ma alla fine le decisioni in seno ad Hamas sono sempre prese per consensus. Le differenze esistono sulle questioni tattiche, sulle questioni strettamente politiche c'è uniformità.
Hamas controlla la crescente influenza di forze salafite a Gaza che fanno parte delle brigate?
Questo potrebbe essere uno dei motivi per cui hanno detto che potevo essere in pericolo. Non è chiaro quanto Hamas le controlli. Ma attenzione, non è che tutti i gruppi salafiti di Gaza sono pericolosi, ci sono anche quelli che sono contrari alla violenza. Ci sono molti gruppi differenti. Su quelli molto violenti non ho avuto modo e tempo di investigare. Tre settimane non sono state abbastanza. Non ho mai creduto di poterli incontrare di persona. Volevo capire cosa ne pensa la gente. Si tratta di un fenomeno tutto sommato marginale, anche se fa paura che gruppi violenti possano avere influenza su quello che accade a Gaza.
Sei israeliana e vivi a Ramallah. Perchè questa scelta?
Perchè come giornalista mi occupo di questioni palestinesi. Qundi sentivo che per fare bene il mio lavoro dovevo vivere li. Ci abito da dodici anni.
Paghi un prezzo in Israele per questa tua scelta?
No. Non sento di pagare un prezzo. C'è una sorta di indifferenza rispetto alla cosa in Israele. Sai, gli israeliani non vogliono sapere. Persino Ha'aretz non pubblica tante cose come in passato. Ma questo riflette la domanda del lettore.
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